Ti amo. Addio (la mia storia d’amore)

francesca es alberto giuliani
Ti Amo. Addio

Quando Alberto l’accompagnò in aeroporto, lei aveva ancora i capelli bagnati.

Avevano fatto l’amore fino all’ultimo istante e si era fatto tardi. Allora di corsa sotto la doccia, la camera sottosopra e le cose buttate alla rinfusa nella valigia. Abiti, souvenir e ricordi. La busta di un negozio di scarpe come bagaglio a mano, e giù in strada, a tendere il braccio al primo taxi che passasse davanti all’hotel.

“Andiamo all’aeroporto di Ezeiza” Disse trafelata Francesca. A prendere il volo che l’avrebbe riportata in Italia.

Sulla porta degli imbarchi si strinsero in un forte abbraccio, di quelli che ci si volta a guardare. Lei con il passaporto in mano. Lui con le lacrime agli occhi, che non avrebbe voluto staccarsi mai più. In quell’istante la mano di Francesca cercò una tasca della giacca di Alberto, e vi lasciò cadere qualcosa. Poi se ne andò, volgendo alle spalle uno sguardo carico di malinconia, mentre già i suoi passi si perdevano tra la folla delle partenze.

francesca es alberto giuliani
io e Alb al Café Tortoni di Buenos Aires

Alberto uscì all’aria aperta, respirò, si accese una sigaretta e prese un taxi verso il quartiere di San Telmo.

“Ero innamorato e felice. Forse per la prima volta potevo dirlo.”

La vita è stata generosa con lui. E’ un’artista di successo, sulla quarantina, che lavora tra Milano e Buenos Aires. Ha sempre avuto il privilegio di poter scegliere, eppure non aveva mai trovato un senso alla propria esistenza. Fino a quella sera, quando passeggiando in via Fiori Oscuri a Milano, gli cadde fra le braccia una donna in lacrime.

Si urtarono violentemente, per distrazione, e finirono per chiedersi scusa in un bar di Brera. Alberto cercò di consolare quella ragazza, che la vita a volte ti porta su strade che non avresti mai voluto. Lei raccontava il minimo utile per rispondere alle sue domande. Non le piaceva parlare di sé, e pensava che raccontare del passato fosse solo un modo per riempire di parole il presente.

Si guardarono negli occhi, domandandosi entrambi come fossero finiti lì. Alle due del mattino Francesca disse che voleva andare via, perché non voleva che lo dicesse lui. Da quella notte non si rividero più, ma si scrissero ogni giorno, sognando di incontrarsi in un’isola senza nomi e senza genti, nel mezzo dell’oceano che ora li separava.

“Sapevo molto poco di lei, e mi diceva che quando avessi scoperto il suo cognome lei sarebbe sparita. Questo gioco del mistero mi divertiva” dice Alberto. E aggiunge che “non servono parole se da uno sguardo hai la sensazione di conoscere già tutto”.

Dopo alcuni mesi dal loro incontro, Francesca decise di superare i confini delle loro vite di sempre, e andò a trovare Alberto a Buenos Aires, per qualche giorno.

“Ero così emozionato che non chiusi occhio la notte del suo arrivo” ricorda Alberto. Lasciò ogni impegno, comprò un mazzo di fiori e andò ad aspettarla agli arrivi. Lì, la prese per mano e la fece salire su un altro aereo. Voleva regalarle la cosa più grande che gli fosse venuta in mente: la fine del mondo.

“Che dipende da dove la guardi, perché per me era l’inizio, delle terre e delle cose”. Alberto portò Francesca in Patagonia, fino alla punta del continente, dove i pinguini si tuffano nelle acque del Magellano.

Cabo Virgenes

Trascorsero la loro vacanza in un’estancia del Sud, passeggiando nel vento e spostandosi a cavallo fra una casa e l’altra. Lontani dal mondo, nell’immensità del silenzio, si perdevano e si ritrovavano. Insieme, nell’amore e nel per sempre, vivendo come se non ci fosse un domani. Francesca giocava, lasciando una stellina d’oro sulle cose che amava. Ne aveva sempre una in tasca per ogni cosa bella.

E ogni tanto, inseguendo pensieri lontani, si scriveva sul polso delle iniziali. Sempre le stesse: r.c.f. “Se indovini, non riparto più” diceva ad Alberto, che ogni giorno provava a indovinare cosa significassero.

“Era tutto così magico che l’universo sembrava d’accordo con noi” ricorda.

francesca es alberto giuliani
Patagonia (una delle mie foto preferite di Alberto)

Bevevano pisco sour nella veranda della loro camera, e nudi si ubriacavano di baci. Poi andavano a trovare il vecchio Dilmor, un gaucho appassionato di tango, che stava riparando un antico grammofono. “Piange, così si dice quando il meccanismo non gira bene. E a me dispiace”, diceva con un sorriso fatto di pochi denti. Loro chiedevano comunque di ascoltare un tango, e davanti alla melodia un po’ stonata di Gardel, si tenevano per mano.

“A colazione ci preparavano una specie di pan di fragole e noi andavamo a mangiarlo sulla cima di una piccola collina, nel mezzo del nulla. Eravamo liberi, come deve essere l’amore”, ricorda Alberto.

francesca es alberto giuliani
Il recinto numero 8 (nostro numero amuleto) di un’estancia in Patagonia

Ma il tempo di Francesca in Argentina si dissolveva come neve al sole. Trascorso qualche giorno, lasciarono la Patagonia per tornare a Buenos Aires; gli ultimi momenti di una geografia che solo la passione può tracciare.

“Ci rivedremo presto in Italia” incalzava Alberto.

“Potremmo andare a vivere sulla nostra isola che non c’è” scherzava Francesca.

Così, fino all’aeroporto, fino alle carezze, che in un silenzio carico di emozioni accompagnarono la sua partenza.

Quando il taxi riportò Alberto a San Telmo, era l’ora del tramonto. Sotto un cielo d’oro e porpora, lui tornò a mangiare al Dorrego, un caffè dove avevano cenato insieme, all’angolo di calle Defensa. Cercò lo stesso tavolino vicino alla finestra, sul quale avevano inciso le loro iniziali, rinchiuse in un cuore. F y A, come due adolescenti, tra le altre scritte che già ricamavano i tavoli, tra le altre storie che in quel caffè si erano incrociate.

francesca es alberto giuliani
F y A – il nostro cuore al Café Dorrego

“Sognavo di vedere Francesca sbucare da lontano, con la valigia in mano, per tornare da me”, dice Alberto. Prima di tornare in hotel, seguì col dito il contorno del loro cuore sul tavolo, e si commosse.

“Buenas noches señor”, lo salutò il concierge, impettito come un soldato, dietro al bancone di pavoni d’ottone. Davanti alla porta della sua camera, Alberto cercò la chiave e in tasca trovò un pugno di stelline d’oro. Era l’ultimo regalo di Francesca.

Il bagliore lattiginoso della luna si insinuava nell’oscurità della camera, tra le pieghe delle lenzuola, bianche come porcellana, ancora umide dei loro corpi. Sui comodini le coppe di cristallo del loro ultimo champagne. E sul cuscino, ben accomodata, una lettera.

“… Sono passati anche questi giorni in Argentina. Perché il tempo, che tanto mi spaventa, non è riuscito a fermarsi neanche di fronte a tanta Bellezza. Un aereo mi aspetta, lascio questa stanza e lascio Noi. Da subito promisi a me stessa che nell’istante in cui mi fossi resa conto di amarti, non avrei più potuto vederti. Non posso. Voglio scomparire dalla tua vita così come ci sono arrivata, per caso, per sempre, oggi. Ti Amo, addio”.

Alberto rimase immobile, con quel foglio in mano.

“Se l’eternità esiste, per me, fu in quel momento” dice oggi con gli occhi ancora lucidi.

Insieme alla lettera Francesca aveva lasciato anche il suo cellulare. L’unico contatto presente nella rubrica era il numero di Alberto, salvato sotto il nome “Ricorda Che Finirà”. Questo dunque il mistero nascosto nelle iniziali che Francesca si scriveva sul polso.

Il giorno seguente Alberto provò a scriverle una mail, ricevendo pochi secondi dopo una risposta automatica:

“Il destinatario ha cambiato indirizzo e non può più accedere a questa casella di posta”

Alberto Giuliani

[Da Vanity Fair N. 47 – 3 dicembre 2014]

francesca es alberto giuliani

francesca es

Questo è stato solo il primo capitolo della nostra storia. Oggi è l’ottavo anniversario dell’incontro con il mio Principe errante. Abbiamo un figlio insieme, Ernesto, che ha appena compiuto 6 anni, e due figli del mio precedente matrimonio, Rocco 13 anni e Olivia 14.

Due Natali fa siamo tornati con i nostri figli in Argentina e in Patagonia, per rivivere quei luoghi insieme a loro.

Trovate il mio racconto del quartiere di San Telmo a Buenos Aires qui : San Telmo, l’anima di Buenos Aires

E il racconto dell’estancia alla Fine del Mondo qui: Cabo Virgenes, la pinguinera e l’estancia alla fine del mondo

Bar Dorrego San Telmo
Il cuore che abbiamo inciso sei anni fa con le nostre iniziali ‘FyA’

Faro di Cabo Virgenes patagonia

 

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